Falcinelli, come guardare le figure
Normalmente non ce ne rendiamo conto, ma le immagini pubblicitarie che oggi ci troviamo di continuo davanti agli occhi si basano su fotografie che si ispirano direttamente alla bellezza e equilibrio delle nature morte dei grandi pittori secenteschi e se comprendono modelle in posa, queste richiamano madonne di Raffaello o Guido Reni.
Ce lo fa capire (e vedere) Riccardo Falcinelli, graphic designer e docente di psicologia della percezione, di cui Einaudi aveva pubblicato tre anni fa un libro affascinante: ”Cromorama – come il colore ha cambiato il nostro sguardo”, una sorta di storia della valenza artistica e sociale dei colori legati a come noi vediamo quel che ci circonda. Come un seguito, o un arricchimento di quello studio e egualmente godibile e coinvolgente, ora spiega ”come funzionano le immagini dal Rinascimento a Istagram” con queste cinquecento pagine, illustratissime ovviamente e impaginate con sapienza, che sono un susseguirsi di notazioni rivelatrici avanti e indietro nel tempo, di accostamenti sorprendenti, di associazioni che ci aiutano a capire meglio la civiltà dell’immagine in cui siamo sempre più immersi. ”Il funzionamento delle immagini è un problema culturale che ci coinvolge tutti”, scrive, e allora, nella realtà di tablet e smartphone in cui sui social le immagini si scorrono velocissime fermando quando qualcuna attira per un attimo l’attenzione, è meglio capirci qualcosa di più, lasciandoci sorprendere dal suo argomentare, raccontare e spiegare, che vuol offrire strumenti di comprensione ai giovani d’oggi perché non si facciano ingannare da quel che appare, ma che non è meno utile anche per i non nati digitali, loro padri e nonni, con i suoi sette capitoli: Spazio, Forme, Percezione, Meccanismi, Topologie, Composizione, Medium (seguiti da vari indici e una ricca bibliografia).
Si inizia con un discorso sul ”potere del centro” e ”le seduzioni di periferia”, facendo vedere come cambia una figura o un oggetto se posto al centro o di lato dell’immagine e come tutto cambi con la nascita della prospettiva, ”un sistema di regole grafiche che permette di suggerire l’effetto della terza dimensione su una superficie bidimensionale in modo analogo a quanto accade con la visione diretta”, la cui verifica è nel confronto tra la scenografia cinquecentesca della Città ideale e la foto di una strada dritta che si perde nel deserto dell’Arizona, ma spiegando poi quanto conti il punto di vista. E Falcinelli cita quindi ”Shining” di Kubrick, che cinque secoli dopo Rafael Alberti costruisce un intero film sulla prospettiva centrale (con ”un mezzo di trasporto la visuale del pilota è sempre quella rinascimentale, cui è stata aggiunta la velocità”) e che gioca sul ruolo dello sguardo. Storie e curiosità, arricchite narrativamente da aneddoti su grandi personaggi, si susseguono di continuo e se ne può scegliere una ad apertura di pagina. Ecco allora il ruolo del coltello nella pittura, che crea nel quadro gerarchie tra primo e secondo piano e prende un ruolo di puntatore ”né più né meno di una freccia scagliata dentro il quadro” a partire da nature morte del Cinquecento sino a Monet e oltre (tutto sempre documentato iconograficamente).
Quanto ai formati, i quadri sono sempre stati orizzontali e verticali, secondo dove dovevano essere posizionati, ma c’è anche altro, perché, sempre più, il problema ”è legato sia al modo in cui ci troviamo a guardare, si al medium, la tecnologia che viene impiegata”. Come vediamo, anche in certi reportage nei Tg o collegamenti in diretta durante il lockdown, sull’onda delle diffusione degli smartphone è nata una nuova tipologia di ripresa, ma anche di racconto costruito apposta per la verticalità. E così, un’osservazione dietro l’altra, seguendo e spiegando l’evoluzione e le trasformazioni delle immagini ma anche del come le guardiamo, Falcinelli ci cattura di pagina in pagina (e non ce ne è una che non abbia una illustrazione) come guidandoci in una sorta di bosco che con gli anni se è fatto sempre più fitto e in cui allora abbiamo più bisogno di aiuto per non perderci, per capire quel che vediamo cosa sia, da dove venga e dove stia andando. (ANSA).