ilmimmo

Il mondo “veste Altamura” …Sarto ricercato “come il pane”

La produzione sartoriale affascina sempre più i giovani businessmen e all’estero il Made in Italy è ricercato ed amatissimo. Ne sa qualcosa il sarto e stilista pugliese di Altamura, Giuseppe Diele, che ha fatto della sua immensa passione un lavoro di gruppo entusiasmante e redditizio. Con vista e viaggi frequenti a Londra e con prospettive nascenti a Parigi, New York e Dubai per un menswear completo. Dal capospalla alle scarpe.

“La mia famiglia si occupa di abbigliamento da quasi 50 anni- racconta alla nostra testata web- siamo passati dall’abbigliamento da donna e bambini per arrivare a quello da uomo. Ho sostituito mia madre, dedicando la mia vita alla sartoria. Mi è stata tramandata la passione, lei è stata una stilista di moda, ha confezionato abiti per le più grosse griffes, Hermes, Blumarine”.

Quello di Altamura è un territorio legato, da sempre, al mercato del tessile. Se nella Bat il fulcro era la maglieria, ad Altamura era presente il segmento della confezione, con Lororotondo specializzato nella confezione maschile ed una suddivisione tra sartoria ed industria. Nel territorio di Giuseppe Diele il core business fu soppiantato per qualche decennio dal distretto del salotto con il colosso Natuzzi.

Il boom dei divani degli anni Novanta ha assorbito tutte le maestranze. “La maestra, ossia come chiamiamo nel mondo dell’abbigliamento colei che sa ideare, sa tagliare, mettere in prova e cucire un abito, è passata a fare salotti- racconta- Questo pezzo di storia e di generazione è entrata tutta nel distretto. Sono passate da essere maestre a diventare operaie e lavorare in catena di montaggio, prima avevano l’abilità poi si sono intorpidite. Fino al 2005, ad Altamura il salotto l’ha fatta da padrone, poi è cominciata la crisi, è andato scemando il mercato, però Natuzzi è po’ come la Fiat per noi. Ci hanno assorbito quel pezzo di generazione che ha oggi circa 50 anni, io ho 39 anni, ricordo i miei coetanei di 20 anni fa, quando il salotto galoppava che vivevano alla grande, i 18enni le imprese del comparto se li contendevano a 3 milioni di lire al mese. C’è chi a 22 anni si è comprato la casa cash. È stato un decennio imponente di lavoro, di incassi e di benessere per il nostro territorio. Nel nostro settore del tessile abbiamo perso tanta manifattura, ma oggi fortunatamente le cose stanno cambiando”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con la democratizzazione dei prezzi, molti più clienti possono permettersi un abito su misura. Un tempo, il taglio non era moderno, i sarti non si aggiornavano, il prezzo era più alto, e ogni singolo sarto non riusciva a confezionare più di 4 abiti al mese, sempre se era abile.

Oggi invece tanti giovani artigiani hanno creato una equipe. È il caso di Giuseppe Diele, che afferma di aver messo su “un’orchestra”. Che varia dai 3 agli 8 elementi. “Da solo puoi fare solo rumore, se messi insieme tanti musicisti in un’orchestra di maestri di musica si riesce a fare tanto. Io sono un po’ il frontman, ho il compito di vendere e di curare i rapporti con la clientela”. La modellistica è creata in laboratorio, con dei bozzetti. Ma spesso il modellista è assoldato di volta in volta, anche perché spiega Diele “il modellista si deve interfacciare, deve aprire la testa agli altri, deve essere un globetrotter. Non può fermarsi a lavorare con una sola azienda”. Il modellista riceve spunti dall’imprenditore e disegna.

Nel grande clamore di Instagram e dei mille profili da influencer con intere brigate di giovani bennati come gli appartenenti al Nga Club, dove bei giovanotti si fotografano continuamente con abiti vezzosi, Diele, amante del buon gusto di Giorgio Armani, segue un’altra scuola di pensiero. “Molti ragazzi tendono oggi ad impavonirsi, coprendosi di  ridicolo, ma è un fenomeno tutto italiano. A Londra dove lavoro molto preferiscono un prodotto pulito. I social devono mostrare l’influencer e condire tanto per impreziosire il look, Istagram nell’ultimo anno ha soppiantando tutti gli altri social per le aziende. In realtà non c’è mai nulla di più bello che vedere un uomo felice nel suo abito: non c’è pubblicità migliore di un cliente che è soddisfatto. Io non fotografo quasi mai i nostri abiti, altrimenti è quasi scontato che il cliente successivo voglia lo stesso capo, uguale. Noi lavoriamo con gli abiti su misura, dentro un contesto in cui c’è molto imbarbarimento”.

Nel mondo del menswear c’è chi fa su misura una giacca, adattandosi alle taglie, e chi invece offre al cliente una scheda, a misura, con il bespoke, ossia un abito, di cui letteralmente s’è fatta “discussione” con il sarto per utilizzare così solo il centimetro delle misure.

Nel Regno Unito la confezione maschile è in un momento d’oro. “Attualmente mi sto dedicando all’Inghilterra, perché sta rispondendo molto bene, il mercato è fiorente, non c’è l’euro, i clienti comprano avendo un potere d’acquisto maggiore. Lì vendiamo una cosa, che per noi è banale: il Made in Italy. Ma lì non è assolutamente banale, a poche ore dall’Italia, se solo volessimo, potremmo fare tanto di più senza avere l’ingordigia delle grandi griffe di dover produrre in Bulgaria. Il Made in Italy nel Regno Unito come altrove è sinonimo di buon gusto. Tutti riconoscono l’Italian style, la differenza la facciamo nel vestire”. Quali sono le caratteristiche dell’Italian style? La risposta è semplice per Diele. “Vestibilità, lunghezza del pantalone, il fitting della giacca, che deve essere asciutta sul punto vita con la spalla morbida senza spallina, destrutturata”.

Gli italiani hanno saputo mescolare le due più grandi scuole della giacca, quella inglese molto dura con le canvas e spalline a 2 cm e quella napoletana con la giacca a mappina. Diele ama parlare di questi aspetti. “Abbiamo fuso le due tendenze, abbiamo creato la giaccia destrutturata, che per l’Italia è normale, ma per il resto del mondo è ancora una grande novità. Ho avuto il piacere di realizzare degli abiti per lo showman americano del programma il Boss delle Torte, sua mamma era di Altamura, dove hanno girato diverse puntate. L’anno scorso è venuto da noi, gli abbiamo fatto delle giacche. Ecco loro in America non amano la vestibilità attillata, hanno questa voglia di vestire baggy. Le collezioni per l’America devono essere molto più ampie. La giacca italiana si distingue ed amatissima per il suo buon gusto, che non è scontato altrove. Ho un cliente di origine pakistana, un billionaire nel settore delle building a Dubai, mi telefona e manda messaggi anche per gli abbinamenti. La differenza tra gli italiani e gli altri è tutta lì”.

Tanti i vezzi degli uomini. Diele li segue anche per l’outfit nuziale. Dalle iniziali incise non solo sulle camicie, ma anche sulle scarpe, realizzate da una piccola bottega delle Marche con i pellami da loro conciati a Fermo. “La mia ossessione è la giacca, cerco sempre di migliorarla, adattarla agli stili del modo”, conclude. (Articolo de “L’immediato” 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *