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Mentre qualcuno è in cerca di fantasmi, si dimentica Pamela e… Altro orrore

Innocent Oseghale, l’assassino nigeriano di Pamela Mastropietro, voleva sciogliere il corpo della sua giovane vittima nell’acido, per far perdere definitivamente le sue tracce. È l’inquietante ipotesi che si fa strada nel macabro delitto della ragazza diciottenne fatta a pezzo dal suo assassino.

Da quanto emerge dalle indagini, infatti, il nigeriano sarebbe andato in un supermercato della città chiedendo di potere acquistare dell’acido. A riferirlo è il Resto del Carlino. Oseghale si sarebbe recato nel supermercato lo stesso giorno in cui ha ammazzato Pamela, poche ore prima di compiere l’efferato delitto. Quando il personale del supermercato lo ha accompagnato nel reparto dove trovare l’acido, però, il ripensamento. Probabilmente un cambio di idea sulle modalità di uccidere, o forse un errore di valutazione. In ogni caso, Oseghale in quel supermercato ha acquistato le due taniche da cinque litri l’una di candeggina. La stessa in cui è stato lavato il corpo della giovane dopo essere stato fatto a brandelli e la stessa con cui è stato lavato il pavimento di casa.

Quello su cui ancora gli inquirenti non riescono a fare luce è se Oseghale fosse solo o se il delitto si sia consumato insieme ad altri complici. Nell’appartamento del nigeriano sono state trovate impronte digitali diverse dalle sue. A questo punto si riuscirà a saperne di più dai risultati delle analisi sulla mannaia e sui coltelli insanguinati, utilizzati per fare a pezzo Pamela.

Ancora ignote anche le vere cause della morte della ragazza, sul cui braccio sono stati trovati i segni di una iniezione. Soprattutto perché nel frattempo il nigeriano rimane in silenzio, rifiutandosi di rispondere alle domande del giudice nel corso dell’udienza per la convalide del fermo. Sarà l’autopsia a dire se Pamela è morta di overdose o se fosse ancora viva quando l’hanno fatta a pezzi.

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Ha minacciato di distruggere l’intera città di Rimini e per questo verrà espulso. Un tunisino di 32 anni, in carcere nella città romagnola con l’accusa di spaccio di stupefacenti a un minorenne, si trova nell’ex Cie di Torino in attesa che il provvedimento di espulsione venga reso effettivo nella giornata di oggi.

Secondo l’antiterrorismo è un uomo con un grado di pericolosità uno, cioè il più grave. “Il sangue di voi italiani scorrerà come quello che sto buttando fuori io. E vi ucciderò io stesso con i miei amici dell’Isis. Vi farò saltare per aria tutti”. Frasi di questo tenore sono state pronunciate dal pusher tunisino nei confronti degli agenti della penitenziaria del carcere di Rimini, dove il tunisino si trova dallo scorso mese di agosto, quando venne sorpreso a spacciare droga a un ragazzino. Frasi dette e ripetute più volte, dopo che l’uomo ha tentato di ferirsi a braccia e gambe, senza riportare però gravi ferite. L’uomo era sotto costante sorveglianza proprio per la sua radicalizzazione.

Che il tunisino fosse un simpatizzante del sedicente Stato Islamico, del Califfo e dei suoi miliziani era già cosa nota. All’Isis Mohamed Ben Ioussef, questo il nome del nordafricano, inneggiò fin da quando mise piede per la prima volta nel carcere romagnolo. Comportamenti, i suoi, che hanno fatto preoccupare secondini e agenti, che hanno trasmesso tutte le informazioni al Dap, il dipartimento dell’amministrazione dei carceri, da qui al Comitato analisi straordinario antiterrorismo e poi alla Questura di Rimini, alla Digos e all’Ufficio ’Immigrazione.

Come il tunisino, per cui è stata disposta l’espulsione, sono molti i detenuti immigrati che inneggiano all’Isis. Nel solo carcere di Rimini dal 2016 a oggi ci sono state tre segnalazioni. In tutti i casi si è proceduto al rimpatrio degli immigrati.

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