In queste ore c’è la polemica ancora per quanto riguarda i vaccini e le ultime che arrivano dal Governo , per voce del Ministro Grillo a riguardo. Polemiche che hanno scatenato nuovamente un grande dibattito sulla questione e francamente , a mio dire, ancora tanta confusione nelle famiglie . Sicuramente anni di progresso della ricerca scientifica non deve essere buttata al macero per colpa “di qualche esaltato incompetente” dell’ultima ora …E di questi ce ne sono se si considera che abbiamo a che fare con “i figli di qualche deviato malato” , complice di un “vuoto generazionale” difficile da recuperare.

Comunque la Cassazione dice di nuovo no alla correlazione tra vaccini e autismo, e all’indennizzo chiesto da un uomo che ritiene che il figlio si sia ammalato a seguito della vaccinazione obbligatoria somministrata nel 2001.

Cosa rischia chi decide di vaccinare il proprio figlio? Un problema che alcuni si pongono per timore, altri per disinformazione, altri ancora per portare avanti scelte ideologiche, altri infine perché si tratta solo del tema del momento, un gossip come tanti altri. Il problema dei vaccini obbligatori – riportato a galla dalle ultime ondate di immigrazione che hanno fatto riaffiorare malattie che sembravano debellate – divide la popolazione. Il punto è che a chiedersi se il vaccino provoca l’autismo e a darsi una risposta sono proprio coloro che avrebbero meno competenza per farlo, perché non hanno studiato e si sono limitati a leggere qualcosa dai giornali o a prendere una posizione generica contro le lobby farmaceutiche. Ma se si vuole affrontare il problema con serietà bisognerebbe leggere tutta la letteratura scientifica che sul tema si è formata negli anni e non solo qualche posizione isolata che, magari, proprio perché fuori dal coro, è stata gridata a voce più alta. A fare da tramite tra il cittadino e la medicina però sono i giudici a cui, più volte, è stato chiesto se il vaccino provoca l’autismo e che, sul punto, si sono quasi sempre espressi nello stesso modo, dopo aver letto relazioni di consulenti ed esperti. Da ultimo è intervenuta proprio ieri una ordinanza con cui la Cassazione ha affrontato nuovamente il delicato tema [1]. È l’occasione per ribadire dei principi che dovrebbero essere ormai scontati.

Quasi tutte le sentenze della Suprema Corte – salvo qualche rara eccezione – ritengono inesistente una relazione diretta tra vaccino obbligatorio (trivalente, pentavalente, esavalente) ed autismo.

Una sentenza shock del 2012, firmata dal Tribunale di Rimini , aveva accertato che il vaccino MPR (il famoso vaccino trivalente contro morbillo, parotite e rosolia) era stato causa di autismo. In tali casi la legge numero 210/92 (indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicazione di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni) prevede il pagamento, ai genitori del bambino, di un assegno reversibile per quindici anni e di un assegno una tantum per il periodo ricompreso tra il manifestarsi della patologia e il risarcimento (quest’ultimo in misura pari, per ciascun anno, al 30% dell’indennizzo). La sentenza del tribunale emiliano, seguita da una dello stesso segno del Tribunale di Milano, oltre a spaventare migliaia di genitori, aveva animato le critiche di numerosi medici. In verità, c’è anche da dire che, nel tempo, i vaccini si sono perfezionati ed è cambiata la casa farmaceutica che prima dispensava le fiale al Ministero della Salute.

Se non ci si fida dei giudici ci si può fidare del Dipartimento della Salute secondo cui il vaccino trivalente rimane la migliore protezione contro morbillo, epatite e rosolia. E se ciò non bastasse c’è anche l’Organizzazione mondiale della sanità che ha sposato la stessa posizione: il vaccino è sicuro anche alla luce di una grande quantità di studi secondo cui i bambini che lo hanno ricevuto non sono a rischio di autismo rispetto a quelli a cui non è stato somministrato. I quali però hanno l’ulteriore rischio di malattie che, specie nei più piccoli, possono causare la morte. Se la vita è un calcolo di probabilità, bisognerebbe optare per le scelte più ragionevoli anche se non totalmente sicure.

L’anno scorso la Cassazione è tornata a interrogarsi se il vaccino provoca autismo e ha ritenuto non provata alcuna relazione di causa-effetto. I giudici – come di norma in questi casi – hanno fondato la propria decisione sulle risultanze della perizia del consulente incaricato dal tribunale.

In ultimo c’è l’ordinanza di ieri secondo cui non c’è nesso di causalità tra vaccinazione obbligatoria ed autismo dei bambini. La Corte ha così respinto il ricorso di un genitore volto ad ottenere l’indennizzo previsto dalla legge per una vaccinazione obbligatoria pentavalente (difterite, tetano, pertosse, poliomelite ed haemophilus influenzae di tipo b) e antiepatite b) somministrate nel 2001.

La Cassazione coglie l’occasione per ribadire che, ai fini dell’ottenimento dell’indennizzo, l’interessato deve provare l’effettuazione della terapia trasfusionale o la somministrazione vaccinale, il verificarsi del danno alla salute ed il nesso causale tra questi due elementi, secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica. Hanno poi ulteriormente precisato le Sezioni Unite che la regola della “certezza probabilistica” non può essere ancorata esclusivamente al dato quantitativo-statistico della frequenza di classe di eventi (c.d. probabilità quantitativa), dovendo invece essere verificata «riducendo il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (c.d. probabilità logica)».

Nel caso di specie, la relazione del consulente tecnico evidenzia sia lo stato della letteratura scientifica in materia – che definisce non comune o rara la reazione avversa a carico del sistema nervoso ai vaccini – sia le circostanze del caso concreto che non consentivano di ritenere ipotizzabili tali reazioni non essendovi stato alcun ricovero del figlio né alcuna visita neurologica per asserite reazioni allergiche al vaccino.

È possibile che il bambino, nei primi mesi di vita, venga colpito da forme di autismo che non aveva alla nascita ma non è detto – anzi è completamente da escludere – che la causa sia il vaccino. Non c’è alcuna plausibilità biologica del nesso di derivazione tra vaccinazioni e malattia. Questo sulla base della mancanza di un criterio di ragionevole probabilità scientifica.

Secondo la Corte, «la relazione del consulente tecnico ha tenuto conto sia dello stato della letteratura scientifica sia delle caratteristiche del caso concreto, che non consentivano di ritenerle ipotizzabili, in considerazione della risonanza magnetica dell’encefalo che, seppur a distanza di anni, era risultata del tutto negativa; del fatto che non vi era stato nessun ricovero né visita neurologica per asserite reazioni allergiche ai vaccini e del fatto che la diagnosi di sindrome autistica era stata posta almeno due anni dopo». Pertanto, conclude la Corte, «la causalità ipotizzata dal ricorrente è rimasta allo stadio di mera possibilità teorica».

Nel nostro Paese, la somministrazione del vaccino per morbillo, rosolia e parotite è prevista in due dosi, la prima a 13 mesi di vita e la seconda tra i 5 e i 6 anni di età. Molti, però, ne contestano la necessità, sostenendo che essa causi l’autismo.

Il morbillo è una delle malattie più contagiose che si conoscano; si trasmette per via aerea, attraverso le goccioline di saliva emesse con tosse, starnuti o semplicemente parlando. (Articolo dagli esperti)

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Cass. sent. n. 19699/2018.

[4] Cass. S.U. sent. n. 581/2011

SENTENZA

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – L, ordinanza 24 maggio – 25 luglio 2018, n. 19699

Presidente Doronzo – Relatore Ghinoy

Fatto e diritto

Rilevato che:

1. il Tribunale di Napoli rigettava la domanda proposta da D.D. , in qualità di genitore esercente la potestà sul figlio D.G. , contro il Ministero della Salute e la Regione Campania, volta ad ottenere l’indennizzo previsto dalla legge n.210 del 1992 per le conseguenze dannose (disturbo pervasivo dello sviluppo di tipo autistico) che asseriva essere derivate al figlio minore G. a seguito di vaccinazione obbligatoria (Cinquerix: pentavalente contro difterite, tetano, pertosse, poliomielite ed haemophilus influenzae di tipo b) ed Engerix B (anti-epatite b), somministrate nel 2001;

2. la Corte di Appello di Napoli rigettava l’appello proposto dal D. e confermava la sentenza impugnata, ritenendo, anche sulla scorta della nuova c.t.u. disposta in secondo grado, che non fosse configurabile secondo un criterio di plausibilità biologica un nesso causale tra la malattia e la vaccinazione;

3. D.D. propone ricorso per la Cassazione della sentenza, affidato a quattro motivi.

4. Il Ministero della Salute ha resistito con controricorso.

Considerato che:

1. con il primo motivo di ricorso viene denunciata- ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.- la violazione o falsa applicazione di norme di diritto e lamenta che la Corte d’appello non abbia applicato nell’espletamento della c.t.u. la procedura prevista dall’art. 195 c.p.c., come modificato dalla legge n. 69 del 2009, e sostiene che tale modifica sarebbe applicabile nella presente causa, sebbene introdotta nel 2007, in quanto finalizzata a realizzare un pieno contraddittorio con l’ausiliare;

2. con il secondo motivo di ricorso viene denunciata- ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c. – la violazione o falsa applicazione di norme di diritto in ordine all’errata interpretazione data dapprima dal ctu e quindi dalla Corte di Appello alla valutazione del nesso di causalità in materia di indennizzo ai sensi della legge 210 del 1992. Secondo il ricorrente tanto il ctu quanto la Corte territoriale avrebbero errato nell’applicare sistematicamente, in ordine al riconoscimento del nesso eziologico, il criterio previsto per le cause di risarcimento del danno, o della probabilità prevalente, rispetto al criterio previsto per le cause di indennizzo ai sensi della legge 210/92, o della ragionevole probabilità, neppure peraltro venendo evidenziate una possibile eziologia alternativa della malattia;

3. con il terzo motivo di ricorso viene denunciata- ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.- l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, con particolare riferimento alla violazione da parte del ctu del mandato ricevuto dalla Corte di Appello. Secondo il ricorrente infatti il CTU non avrebbe precisato le ragioni di consenso e/o dissenso rispetto alle valutazioni dell’ausiliare nominato in primo grado, nonostante questo gli fosse stato espressamente chiesto dalla Corte territoriale;

4. con il quarto motivo di ricorso viene denunciata- ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c.- l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio, con particolare riferimento all’errata comprensione della problematica, alla mancata valutazione degli studi scientifici e soprattutto della documentazione medica relativa al caso di specie, alla mancata indicazione delle possibili cause alternative della patologia con conseguente motivazione “politica” e “filosofica” su una presunta mancata correlazione tra autismo e vaccinazione in generale piuttosto che relativa al caso concreto.

5. Il primo motivo di ricorso non è fondato, in quanto l’art. 58 della stessa legge n. 69 del 2009 prevede che “le disposizioni della presente legge che modificano il codice di procedura civile e le disposizioni per l’attuazione del codice di procedura civile si applicano ai giudizi instaurati dopo la data della sua entrata in vigore”. Né il contraddittorio con l’ausiliare nel caso è stato impedito, in considerazione della partecipazione del consulente di parte alle operazioni peritali.

6. Il secondo motivo di ricorso è infondato.

La Corte d’appello ha escluso la sussistenza della “plausibilità biologica” nell’ipotesi di un nesso di derivazione causale tra vaccinazioni e malattia. Si è quindi attenuta ai principi dettati da questa Corte anche con riguardo alla materia che ci occupa, secondo i quali (v. Cass. 17/01/2005 n. 753, 29/12/2016 n. 27449, ord.) la prova a carico dell’interessato ha ad oggetto, a seconda dei casi, l’effettuazione della terapia trasfusionale o la somministrazione vaccinale, il verificarsi dei danni alla salute e il nesso causale tra la prima e i secondi, da valutarsi secondo un criterio di ragionevole probabilità scientifica. Le Sezioni Unite di questa Corte – muovendo dalla considerazione che i principi generali che regolano la causalità materiale (o di fatto) sono anche in materia civile quelli delineati dagli artt. 40 e 41 cod. pen. e dalla regolarità causale, salva la differente regola probatoria che in sede penale è quella dell’”oltre ogni ragionevole dubbio”, mentre in sede civile vale il principio della preponderanza dell’evidenza o “del più probabile che non” – hanno poi ulteriormente precisato che la regola della “certezza probabilistica” non può essere ancorata esclusivamente alla determinazione quantitativa- statistica delle frequenze di classe di eventi (c.d. probabilità quantitativa), ma va verificata riconducendo il grado di fondatezza all’ambito degli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (c.d. probabilità logica) (cfr. Sez. Unite, sentenza 11 gennaio 2008, n. 581).

7. Nel caso, la relazione del consulente tecnico recepita dal giudice di merito ha tenuto conto sia dello stato della letteratura scientifica in materia, che qualifica di incidenza non comune o rara le reazioni avverse a carico del sistema nervoso ai vaccini nel caso somministrati, sia delle caratteristiche del caso concreto, che non consentivano nel caso di ritenerle ipotizzabili, in considerazione della risonanza magnetica dell’encefalo, che, seppure seguita a distanza di anni, era risultata del tutto negativa; del fatto che non vi era stato alcun ricovero né visita neurologica per asserite reazioni allergiche ai vaccini; del fatto che la diagnosi di sindrome autistica era stata posta almeno due anni dopo. Vi è stata quindi una valutazione di convergenza tra la determinazione quantitativo-statistica delle frequenze di classe di eventi (cd. probabilità quantitativa) e gli elementi di conferma disponibili nel caso concreto (cd. probabilità logica), sicché l’eziologia ipotizzata dal ricorrente è rimasta allo stadio di mera possibilità teorica.

Non rileva poi che non sia stata individuata una possibile eziologia alternativa, considerato che trattasi di complesse malattie la cui origine è ancora ignota e la ricerca di fattori ulteriori e diversi rispetto al patrimonio genetico è oggetto di studi della ricerca scientifica.

8. Il terzo e il quarto motivo di ricorso, da trattarsi congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili, in quanto “il vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice”. Nel caso, alle puntuali argomentazioni del c.t.u. di secondo grado, che è giunto alle medesime conclusioni del consulente del Tribunale che aveva ritenuto il nesso di causalità “flebile possibilità di derivazione causale”, il ricorrente contrappone una diversa lettura delle medesime risultanze ed altre argomentazioni, desunte da ulteriore letteratura scientifica che, pur manifestando l’acceso dibattito che da tempo si registra sulla questione, non rivela acquisizioni ed elementi decisivi al fine di confutare la soluzione da quello adottata (v. in caso analogo Cass. n. 24959 del 23/10/2017).

9. Per tali motivi, condividendo il Collegio la proposta del relatore notificata ex art. 380 bis c.p.c., all’esito della quale le parti non hanno formulato memorie, il ricorso, manifestamente infondato, va rigettato con ordinanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 375, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.;

10. La regolamentazione delle spese processuali segue la soccombenza.

11. Sussistono i presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, rimborso spese generali nella misura del 15 % ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.

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