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Dal caso Ferragni nasce la normativa contro la finta beneficenza

Maggiore trasparenza per la beneficenza e pene più severe per la finta beneficenza. È questo l’obiettivo dopo che il noto caso Ferragni, il Pandoro-gate, ha accesso i riflettori su un pericoloso vuoto normativo di cui Chiara Ferragni si è servito (il giudice deciderà se in bona o in mala fides). Se infatti è abbastanza coperta la normativa della beneficenza fatta dagli enti del Terzo Settore, è carente invece per altri casi, con possibili creazioni di situazioni simili al lucro (o addirittura allo sciacallaggio) sulla vita di persone svantaggiate, come orfani e malati. “Chi lucra sulla beneficenza a malati, bambini e orfani, si macchia di un reato molto più grave rispetto a una truffa classica”: è quanto sostenuto dal deputato di Fratelli d’Italia Manlio Messina. L’aumento delle pene per chi utilizza la finta beneficenza per proprio lucro è spiegato da questo: non si commette soltanto un semplice reato, ma si toccano i valori etici e morali di solidarietà e di trasparenza su cui pure la nostra Costituzione e la nostra società sono fondati.

Sul tema, il lavoro è partito dalle parole del presidente del Consiglio Giorgia Meloni che, durante la conferenza stampa di fine anno, aveva espresso la volontà di “capire quali siano oggi le regole di trasparenza ed eventualmente immaginarne di migliori”. Nulla di personale dunque contro Chiara Ferragni, sulla quale si attende solo il verdetto del giudice: l’intento è quello di placare un fenomeno che potrebbe avere riscontri importanti, sulla scia di quanto avvenuto con il Pandoro-gate, ai danni dei consumatori e dei cittadini italiani. A tal fine allora la necessità di una nuova normativa che regoli in modo migliore la beneficenza, prevedendo dei vincoli di trasparenza. Bisogna “indicare in maniera chiara e netta l’importo dei contributi che si ricevono, e quanto viene destinato alla beneficenza”. Nei prossimi giorni i lavori di governo e Parlamento su questo tema che non può restare senza regolamentazione.

Non tutti i mali vengono per nuocere, dunque: dalla triste vicenda dell’“errore di comunicazione” della designer (e ribadiamo, solo il giudice ci dirà come è stato possibile non accorgersi che, dopo un’offerta in beneficenza, il patrimonio di casa Ferragni abbia registrato un attivo di un milione di euro), sta per nascere una normativa che vieta il lucro su bambini, malati e orfani. L’influenza degli influencer, questa volta, è a fin di bene. (Fonte)